Epilessia Resistente alla Terapia Farmacologica

Epilessia Resistente alla Terapia Farmacologica

La dieta chetogenica nell’epilessia resistente alla terapia farmacologica

L’epilessia è una malattia del sistema nervoso centrale e si caratterizza per il persistente ripetersi di improvvise crisi convulsive spesso pluriquotidiane che colpiscono senza alcun preavviso e si manifestano con movimenti involontari, bruschi ed incontrollati della muscolatura, accompagnati a volte da perdita di coscienza, conducendo ad un deterioramento globale. Questa malattia è da considerare anche un problema sociale sia per la gravità intrinseca della malattia, sia per le ripercussioni sulle famiglie dei piccoli pazienti. L’utilizzo della dieta chetogenica, come terapia dell’epilessia farmacoresistente, risale agli anni ’20 del secolo scorso.

Infatti, W.G. Lennox nel suo libro “Epilepsy and relative disorders” riporta il caso di un facoltoso avvocato di New York il cui figlio aveva crisi pluriquotidiane non controllabili con i farmaci in commercio nel 1920. La famiglia si rivolse a Hugh Conklin, un cultore dei metodi naturali che credeva di poter trattare la malattia con la preghiera e il digiuno. Le crisi del bambino migliorarono sensibilmente nelle settimane della “dieta a base di acqua”, spingendo i genitori a cercare una soluzione alternativa ma ugualmente efficace; lo zio del bambino, un professore di Pediatria, ottenne l’aiuto del dottor Howland e dei suoi colleghi alla Johns Hopkins di Baltimora, dove si diede inizio allo studio delle modificazioni metaboliche dell’organismo a digiuno. Venne così messa a punto la dieta chetogenica; l’utilizzo di questa innovativa terapia fu incluso in quasi tutti i testi sull’epilessia dell’infanzia e numerosi centri americani organizzarono nuovi programmi di terapia dietetica.

Dal 1921 in poi (Wilder “The Effect of Ketonemia on the Course of Epilepsy”, Mayo Clinic Bull. 2:307, 1921) i lavori scientifici sull’uso della dieta chetogenica come terapia per l’epilessia moltiplicarono. Dopo questo iniziale entusiasmo, negli anni ’40 e ’50 l’interesse per la dieta scemò rapidamente; solo a partire dagli anni ’70 venne riscoperta ed attualmente viene utilizzata come terapia nell’epilessia farmacoresistente nella maggior parte dei paesi del mondo. Negli ultimi anni, sono stati pubblicati numerosissimi lavori scientifici sull’utilizzo di questa dieta da parte di ricercatori di tutti e 5 i continenti e, soprattutto nei paesi di lingua inglese, l’appoggio da parte di associazioni di pazienti e di famiglie, è molto consistente e contribuisce alla diffusione e alla comprensione della dieta.

Le linee guida suggeriscono che la dieta chetogenica venga presa in considerazione quando sono falliti almeno 3-4 tentativi di trattamento farmacologico.

In questa patologia, la dieta chetogenica offre un effettivo controllo delle crisi epilettiche fornendo al cervello un essenziale “carburante”, rappresentato dai corpi chetogeni, per l’attività metabolica cerebrale.

Rimane ancora aperto, a livello internazionale, il dibattito in merito al fatto se esistano o no delle specifiche forme che possano giovarsi maggiormente della terapia chetogenica: attualmente tutti focalizzano il loro interesse sulle forme farmacoresistenti.

L’epilessia è una tra le patologie neurologiche più diffuse e si stima che i malati di epilessia nel mondo siano 65 milioni, di cui solo in Europa 6 milioni. Nel 70% dei casi si manifesta entro i 12 anni di età con possibili conseguenze negative sullo sviluppo psicomotorio e ricadute sul piano sociale.

In Italia ci sono 500 mila bambini malati di epilessia di cui oltre il 40% farmaco resistenti, e si stima vengano diagnosticati oltre 30.000 casi nuovi ogni anno, il 60% dei quali in età infantile. Molto spesso è difficile individuare la causa della patologia e quindi determinare la migliore terapia. L’epilessia è la principale malattia neurologica nei bambini.

In Italia è purtroppo ancora scarsamente diffusa una cultura della cura nutrizionale dell’ epilessia attraverso la dieta chetogenica e questo è in contrasto con il panorama internazionale dove tale approccio è molto più diffuso.