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Utilizzo della dieta chetogenica nelle glicogenosi “muscolari”
Le
glicogenosi
(GSD)
tipo
III,
V
e
VII
hanno
in
comune
una
parte
del
quadro
clinico
che
consiste
in
progressiva
intolleranza
allo
sforzo,
dolori
e
crampi
muscolari
con
deterioramento
della
struttura
del
muscolo
che
perde
sempre
più
le
sue
capacità
funzionali.
Alla
base
di
questo
danno
muscolare
vi
è
il
fatto
che
il
difetto
enzimatico
in
queste
malattie
impedisce
l’utilizzo
corretto
dei
carboidrati
per
produrre
energia
perché
l’attività
normale
della
glicogenolisi
(GSD
III
e
GSD
V)
o
della
glicolisi
(GSD
VII)
è
bloccata.
In
queste
malattie
però
la
neoglucogenesi,
cioè
la
capacità
di
produrre
zucchero
a
partire
da
altri
substrati
come
proteine
e
grassi,
è
intatta.
Oltre
al
muscolo
vi
sono
anche
altri
organi
interessati,
diversi
a
seconda
del
tipo
di
GSD.
In
alcuni
casi
il
danno
è
dovuto
all’accumulo
di
glicogeno,
in
altri
semplicemente
alla
carenza
energetica.
Mentre
nella
GSD
V
sono
coinvolti
solo
i
muscoli
scheletrici,
nella
GSD
III
sono
interessati
anche
il
fegato
e/o
il
cuore
(c’è
anche
una
piccola
percentuale
di
pazienti
che
ha
solo
interessamento
epatico),
nella
GSD
VII
si
osserva
anche
un
quadro
di
anemia
emolitica
(1,2).
Il
trattamento
attualmente
consigliato
per
la
GSD
III
consiste
nella
somministrazione
di
pasti
frequenti
iperproteici
(le
proteine,
attraverso
la
neoglucogenesi,
possono
produrre
glucosio),
con
supplementazione
di
maizena
cruda
per
evitare
l’ipoglicemia
(3).
La
dieta
proposta
nella
GSD
tipo
V
è
ricca
in
carboidrati
per
favorire
la
glicogenolisi
epatica,
che
in
questa
malattia
è
intatta,
e
si
consigliano
piccole
quantità
di
bevande
zuccherate
prima
dello
sforzo
fisico,
per
garantire
del
glucosio
circolante
che
può
essere
utilizzato
dal
muscolo
(4).
Nonostante
i
trattamenti
attualmente
proposti,
l’osservazione
clinica
dei
pazienti
mostra
un
deterioramento
progressivo
con
l’aumentare
dell’età
(5).
Nella
letteratura
scientifica,
a
partire
dagli
anni
’70,
si
trovano
alcune
segnalazioni
di
pazienti
GSD
V
che
hanno
avuto
importanti
miglioramenti
clinici
(migliore
tolleranza
all’esercizio)
e
biochimici
(riduzione
molto
significativa
delle
CPK)
in
seguito
al
trattamento
con
dieta
iperlipidica/chetogenica
(6,7,8,9,10).
Ancora
più
segnalazioni
riguardano
la
GSD
III,
dove
si
è
osservato
un
miglioramento
importante
della
cardiomiopatia
e
della
tolleranza
all’esercizio,
insieme
ad
una
riduzione
molto
netta
dei
parametri
biochimici
muscolari.
Il
dato
più
evidente,
dal
punto
di
vista
della
gestione
del
paziente
GSD
III
trattato
con
dieta
iperlipidica/chetogenica,
è
che
può
sospendere
il
pasto
notturno
e
progressivamente
ridurre
e
poi
sospendere
la
maizena
cruda
perché
la
glicemia
viene
mantenuta
costante
anche
durante
un
digiuno
notturno
di
8-10
ore.
(11,12,13,14,15).
Recentemente
sono
state
pubblicate
review
che
commentavano
la
possibilità
che
un
eccesso
di
zuccheri
possa
essere
dannoso
nelle
glicogenosi
muscolari
e
suggerivano
di
valutare
la
possibilità
di
trattare
i
pazienti
con
una
percentuale
elevata
di
proteine
e
grassi
e
ridurre
il
più
possibile
gli
zuccheri,
soprattutto
quelli
semplici
(16,17).
Di
fatto,
nonostante
le
segnalazioni
in
letteratura
riguardino
sempre
uno
o
più
case
reports,
rivalutandoli
tutti
insieme,
questi
casi
costituiscono
una
buona
evidenza
dell’efficacia
della
dieta
iperlipidica/chetogenica
nelle
glicogenosi
muscolari.
Il
fine
della
dieta
è
fare
in
modo
che
il
paziente
abbia
sempre
a
disposizione
i
chetoni,
come
fonte
energetica
alternativa
al
glucosio.
In
questo
senso
sono
stati
somministrati
ai
pazienti
corpi
chetonici
sintetici
(15)
ma
questo
è
un
trattamento
non
proseguibile
a
lungo
perché
i
corpi
chetonici
sintetici
hanno
una
pessima
palatabilità
(comunicazione
personale).
La
dieta
chetogenica
potrebbe
anche
essere
preparata
con
soli
alimenti
naturali,
scegliendoli
tra
quelli
a
basso
indice
glicemico.
Ciò
però
imporrebbe
grosse
limitazioni
alimentari
che
a
lungo
andare
renderebbero
difficile
mantenere
tale
dieta.
È
necessario
quindi
che
i
pazienti
con
glicogenosi
muscolari,
che
devono
seguire
la
dieta
per
tutta
la
vita,
abbiano
a
disposizione
la
più
varia
scelta
di
cibi
chetogenici
che
permettano
loro
di
avere
una
dieta
sufficientemente
variata
che
quindi
si
possa
mantenere
a
lungo
senza
difficoltà.
I
preparati
del
commercio
per
la
dieta
chetogenica
si
rendono
pertanto
indispensabili
per
mantenere
a
lungo
una
dieta
palatabile
e
per
evitare
che
il
paziente
abbandoni
il
trattamento.
Concludo
ricordando
che
la
dieta
chetogenica
deve
sempre
essere
integrata
con
vitamine
e
minerali
e
che
deve
essere
seguita
in
modo
stretto
da
un
medico
e
da
un
dietista
esperti.
Il
paziente
in
dieta
chetogenica
dovrà
controllare
gli
esami
ematici
ogni
3
mesi
circa
e,
se
in
età
evolutiva,
si
dovranno
controllare
ad
ogni
visita
il
peso
e
l’altezza
(sono
infatti
riportati
casi
in
cui
si
è
avuto un arresto della crescita dopo l’inizio della dieta chetogenica).
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Journal
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